Per comportamento aggressivo o combattivo o agonistico (dal greco agôn = combattimento) o “Agonistic Behaviour” si intendono, nella letteratura specialistica, i moduli comportamentali attraverso i quali i lupi e i cani esprimono minacce di diversa intensità, diverse forme espressive di aggressione, di sottomissione, di umiltà e di subordinazione. Il comportamento aggressivo fa parte dell’istinto di conservazione della specie. Tale istinto, a seconda delle situazioni, può manifestarsi appunto come istinto di lotta o anche come istinto di fuga. Il comportamento aggressivo, al momento in cui si manifesta come lotta, implica l’estrinsecarsi di una serie di componenti che vengono comunemente definite come “doti naturali”. Tali doti possono essere più o meno sviluppate, ma è l’intensità con cui esse si estrinsecano che dà l’idea precisa della coscienza che il soggetto ha del proprio rango e della propria forza, e quindi del suo “livello di combattività. Si tratta di doti ereditabili, che però possono essere migliorate o comunque modificate con l’addestramento, quindi anche il comportamento aggressivo del cane può essere modificato con l’addestramento . Per comodità interpretativa si suole scomporre le doti naturali (che possono essere definite come i mezzi che il soggetto ha per realizzare un istinto) che entrano in gioco in questa fase in temperamento, aggressività, combattività, coraggio e tempra.
Comunque si manifesti, il comportamento aggressivo è sempre finalizzato a risolvere un problema di rapporto con un altro animale. Eccezion fatta ovviamente per lo sport con il cane da utilità e difesa (sezione “C”), dove il conflitto è solo mimato e dove si vuole e si insegna al cane a cessare immediatamente la lotta non appena sia terminata l’aggressione rivolta ad esso o al suo padrone, oppure a comando del ”capo branco”. A tale proposito va anche ribadito che lo sport con il cane, così come le prove di allevamento sono condizione indispensabile per poter scegliere per l’allevamento i soggetti meglio dotati, più equilibrati e sicuri e di rango superiore e che l’addestramento praticato sul cucciolo fin dai primi mesi di vita, per gioco e mai per costrizione, è, in assoluto, il miglior intervento per imporre definitivamente il proprio predominio e per prevenire spiacevoli sorprese nel corso degli anni. A tale proposito, sarebbe di grande utilità tenere presente che il condizionamento precoce e perfetto all’esercizio di “seduto” ed a quello di “terra libero” sono non solo la chiave fondamentale di un corretto addestramento ma anche il migliore e più efficace intervento per reprimere immediatamente, sia nel giovane cane, sia nell’adulto, qualsiasi comportamento indesiderabile o che, al momento in cui si manifesta, risulti “ incomprensibile”.
Il comportamento aggressivo ha sempre come scopo quello di sottomettere un altro individuo e, come abbiamo visto, può anche degenerare in lotta. Il comportamento aggressivo, spesso, è limitato soltanto alla minaccia quando è in conflitto con un altro modulo comportamentale, per esempio la paura, o quando la causa che lo ha scatenato è debole. La minaccia può essere considerata come l’appalesarsi di un’intenzione.
Il comportamento aggressivo del cane domestico, qualsiasi sia la sua finalizzazione utilitaria, è un comportamento sociale, perché esso è, zoologicamente parlando, un predatore e, come i suoi parenti in libertà, è dotato di una struttura e di funzioni fisiche adatte a un cacciatore di prede che vive in branco. I moduli comportamentali che rendono possibile a questo animale di affermarsi da un punto di vista biologico sono rimasti essenzialmente invariati anche nel cane che da millenni si riproduce in condizioni domestiche.
Al momento in cui il comportamento aggressivo si manifesta, si possono apprezzare fasi differenti a seconda degli individui a confronto: la minaccia mediante l’atteggiamento, mediante il ringhio o solo mediante la fissità dello sguardo (la minaccia può essere difensiva od offensiva); l’aggressione, la lotta, la fuga, la ritirata, la disponibilità alla rappacificazione o la sottomissione. Se invece il conflitto esplode, ossia si giunge a dover lottare, la cessazione può manifestarsi essenzialmente in quattro differenti modi: dominanza, minaccia difensiva, sottomissione attiva, sottomissione passiva. Nel cane un grande numero di piccoli segnali consentono di cogliere quale, fra i quattro, sia stato il comportamento effettivo che ha determinato la cessazione. Per la verità è possibile cogliere sintomi altrettanto chiari anche prima che il conflitto esploda, molto prima nel tempo intendo. Il cane è, infatti, un animale molto sociale e quindi possiede una vasta capacità di comunicare. Si tratta soltanto di imparare ad osservarlo ed a comprendere il suo linguaggio.
L’aggressività intraspecifica
Si parla di aggressività intraspecifica quando essa è diretta ad un individuo della stessa specie. Tale tipo di aggressività in natura ha diverse funzioni: difesa del cibo, difesa dei confini del territorio, difesa della prole, selezione dei riproduttori migliori. L’aggressività dunque non deve essere considerata come un comportamento sociale anomalo in quanto necessaria a portare benefici ad animali sociali. Anche se la lotta fisica tra conspecifici comporta seri rischi, evitarla può privare l’animale del cibo, del proprio spazio vitale, della propria compagna o della propria prole.
Tale modulo comportamentale si sviluppa generalmente secondo le regole osservate esclusivamente nelle specie dotate di armi il cui utilizzo potrebbe causare anche la morte del conspecifico. Per questo entra in gioco un modello di combattimento ritualizzato che normalmente si dovrebbe concludere senza danno per gli avversari. La maggior parte delle volte il combattimento vero e proprio viene preceduto da minacce e si conclude con segnali di rappacificazione. Già al quarto stadio dello sviluppo del cucciolo, ossia all’inizio del primo periodo di socializzazione (definito da alcuni come “stadio erompente”), che va dalla terza fino alla quinta – sesta settimana, i cuccioli apprendono “il morso inibito”. D’allora in poi sapranno controllare l’intensità e la contrazione delle mascelle durante la lotta. La principale arma di combattimento utilizzata dal cane è la dentatura. Per la verità alcuni cani utilizzano anche le zampe o colpi dati con la punta della natica soprattutto per far perdere l’equilibrio all’avversario. Durante la lotta ognuno dei contendenti cerca di evitare le mascelle dell’altro, tentando di afferrarlo al collo, al garrese o alla spalla. Vince colui che per primo riesce a mettere per terra il proprio avversario ed a sottometterlo minacciandolo con i denti o bloccandolo con l’anteriore. A questo punto il vinto assume un atteggiamento di sottomissione. Se la sottomissione è passiva, esso offre al vincitore il collo, che gira di lato, o il ventre. La sottomissione passiva provoca immediatamente nel vincitore un meccanismo di cessazione. Si giunge così alla pacificazione. L’atteggiamento di resa, da parte del soggetto gerarchicamente sottoposto, può essere assunto anche immediatamente dopo il primo segnale di minaccia. Purtroppo molti soggetti allevati singolarmente, o allevati male, non conoscono il meccanismo di resa, per questo spesso accade che contendenti in lotta si feriscono anche gravemente. La cessazione indotta automaticamente dalla resa del vinto può anche essere inibita dall’addestramento. Quando due cani combattono, bisogna essere estremamente prudenti nel separarli, difatti in tali condizioni il cane che si sente prendere, soprattutto da sopra, è capace di mordere con molta rapidità e può ferire anche gravemente. La migliore soluzione è quella di prenderlo per il posteriore e tirarlo indietro velocemente.
L’aggressività interspecifica
L’aggressività interspecifica in natura si manifesta tra il predatore e la propria preda. E’ legata a cause diverse dalla prima ed anche il modulo comportamentale che la caratterizza è diverso. Un cane che cattura un piccolo animale non ringhia, né attua alcun rituale di minaccia, invece assale le piccole prede al collo o al dorso e le uccide immediatamente. I grandi animali vengono invece agganciati ad uno degli arti posteriori e fatti cadere. Anche in tale caso il morso letale viene dato sempre alla giugulare.
L’aggressione interspecifica si manifesta tra animali appartenenti a specie diverse: prede e predatori e, nel caso del cane domestico, l’uomo.
Il comportamento aggressivo è controllato da fattori ereditabili, anche se non si conosce molto sull’ereditabilità di tale modulo comportamentale nel cane, ad oggi non abbastanza ben studiata, né definita. Nel rapporto tra uomo e cane, il modulo comportamentale con cui si manifesta l’aggressività è più vicino a quello intraspecifico. Il cane, infatti, sia per essere un animale domestico già da millenni, sia per effetto della socializzazione, ritiene di formare con l’uomo un unico gruppo sociale. Di norma, l’aggressività di un individuo corrisponde alla tendenza che esso ha a produrre comportamenti aggressivi, e si misura dal numero di aggressioni prodotte.
Le differenti forme di aggressività nel cane.
L’aggressione effettuata dal cane sull’uomo è il problema comportamentale più frequente ed anche il più preoccupante, per i rischi che esso comporta. Tale fenomeno rappresenta più del 50% delle anomalie nel rapporto tra uomo e cane. Sotto tale profilo un importante contributo alla prevenzione può venire, attraverso un’informazione corretta, sia dall’allevatore, sia dal veterinario, al momento delle vaccinazioni, sia dai tecnici che operano nei campi d’addestramento. In linea generale va tenuto sempre presente che la predisposizione genetica naturale del cane è di scoprire il suo posto nella gerarchia sociale.
Il comportamento aggressivo intraspecifico nel cane si manifesta con l’apparire del seguente modulo comportamentale: abbaio, ringhio, morso., La minaccia, che normalmente precede sempre l’attacco, può sparire per addestramento. A volte l’abbaio è sostituito dal rizzarsi del pelo. La minaccia, nel cane domestico, potrebbe anche non manifestarsi e la zuffa scoppiare all’improvviso.
Le differenti forme di aggressione nel cane si distinguono in: aggressione di dominanza o di predominio, aggressione di paura, aggressione predatoria, aggressione di protezione, aggressione causata dal dolore, aggressione possessiva, aggressione provocata da una punizione ed aggressione intraspecifica. Quest’ultima forma di aggressione è quella diretta verso i conspecifici; le altre riguardano l’uomo. L’aggressione di dominanza, quella predatoria e quella intraspecifica rappresentano una funzione biologica in condizioni naturali. In presenza però di uno o più fattori scatenanti il cane è naturalmente programmato per reagire aggressivamente, manifestando anche i moduli comportamentali propri dell’aggressione connessa a funzioni biologiche.
L’aggressione di dominanza
L’aggressione di dominanza, o di predominio, è connessa al rapporto gerarchico che normalmente s’instaura tra i componenti di una famiglia e il cane. Normalmente il cane è sottomesso al suo padrone e agli altri membri della famiglia. Tale posizione si stabilisce automaticamente quando esso è cucciolo e l’accetta sia per la sua taglia, sia per la sua età. Il problema si pone quando il cane decide di avere un rapporto di dominanza su uno o più membri della famiglia, poiché crescendo ritiene di poter rimettere in discussione il suo ruolo. In questo caso la persona cui è contesa la posizione di dominanza deve rilevare il problema e rimettere il cane al suo posto, utilizzando metodi e segnali adeguati. In caso contrario il cane ritiene di aver vinto e, come nei canidi, fra i quali la gerarchia, una volta stabilita, è raramente messa in discussione, si aspetta di conservare a lungo il predominio conquistato. Una circostanza comune in cui il cane stabilisce la propria dominanza su una persona, proprio in giovanissima età, è quella in cui si è costretti a sgridarlo o a punirlo, per un comportamento sbagliato. Il cucciolone risponde con un debole ringhio, con un tentativo di morso o mostrando i denti o drizzando e arruffando il pelo, per sembrare più imponente, e la persona si allontana o smette il rimprovero per paura. Altre volte questi comportamenti di predominio e sottomissione sembrano comici e non sono presi in considerazione. E’ un grave errore. Al contrario, se sin da cucciolo, senza violenza e con fermezza, il cane impara ad obbedire, il problema del predominio gerarchico non dovrebbe più porsi. La dominanza gerarchica del cane che vive in famiglia può instaurarsi in maniera anche meno appariscente, più subdola e senza che appaiano comportamenti aggressivi. Ciò può accadere, ad esempio, se gli si permette di beneficiare di alcune priorità, come mangiare per primo, avere il possesso di determinati oggetti o di alcuni luoghi (poltrone, letti, una camera). L’aggressione di dominanza nel 75% dei casi si manifesta nei maschi. La dominanza si stabilizza generalmente nel periodo che va tra l’inizio dello stadio prepuberale (fine del quarto mese di vita), ed il completamento di quello di pubertà (decimo – dodicesimo mese di età). Tuttavia, in qualche caso, la posizione gerarchica può instaurarsi a qualsiasi età ed i comportamenti aggressivi connessi potrebbero anche apparire dopo il quinto anno di vita. L’aggressione di dominanza è dunque, dal punto di vista del cane, il comportamento di un animale che ha già stabilito una posizione gerarchica e che vede il “sottoposto” ribellarsi, ciò perché il rapporto dominante – dominato può essersi stabilito molto tempo prima, senza che la persona interessata se ne sia resa conto. Le prime volte l’aggressione vera e propria può essere preceduta da segnali di dominio e da minacce. Tali segnali possono anche non manifestarsi più nei confronti del dominato quando il cane lo ha già morso in precedenza. Dopo l’aggressione, il cane dominante dimostra segni di pacificazione. Tale modulo comportamentale rituale viene spesso erroneamente interpretato dalla vittima come una manifestazione di pentimento. Soltanto una persona con cui il cane ha già stabilito una relazione gerarchica di predominio può essere oggetto di un’aggressione di dominanza. Lo stesso cane si comporta spesso in maniera amichevole con gli sconosciuti e può dimostrarsi perfettamente sottomesso ad altre persone. Per questo nel maggior numero dei casi è perfettamente inutile sperare di risolvere il problema affidandone la risoluzione ad un addestratore professionista o supposto tale, che agirà sul cane in condizioni diverse da quelle abituali, ottenendo risposte che in nessun caso potranno modificare il rapporto dominante – sottoposto, stabilito con una persona diversa. Anzi, per ragioni che possono facilmente essere comprese, il più delle volte questa soluzione si rivela molto dannosa, costringendo infine il proprietario ad assumere, per scarsa conoscenza e disinformazione, decisioni drastiche e non degne di una persona civile, come ad esempio far sopprimere o abbandonare il “cane – problema”. Poiché l’origine fondamentale di tutte le manifestazioni di aggressività che sfociano nel morso è la scarsa capacità di comprendere il linguaggio del cane, soprattutto del cucciolo, e l’eccessiva indulgenza nell’educarlo, solo raramente una tendenza esagerata dell’animale a prendere il predominio, l’ovvia soluzione è che il padrone impari a conoscere ed educare il proprio cane. Secondo i casi, l’aggressione di dominanza si può manifestare in innumerevoli e diverse circostanze ed in maniera differente in conformità del carattere del cane:
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una persona si avvicina e tenta di sottrarre la ciotola o un cuscino, un gioco, una copertina che riveste particolare importanza per il cane;
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una persona si avvicina ad un’altra o ad un altro animale cui il cane è molto legato;
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una persona sveglia improvvisamente un cane o gli si avvicina quando è sdraiato, lo tampina, tenta di spostarlo dal luogo dove egli riposa;
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una persona entra in un locale dove il cane è abituato a stare normalmente da solo;
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una persona tenta di passare prima del cane attraverso una porta o un corridoio o di entrare, sempre prima del cane, nella stanza ove esso abitualmente dimora;
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il cane mostra uno o più segnali di dominanza (adatta ad esempio certe posture alla persona, sale sulle ginocchia, pone i propri anteriori sulle spalle, “dà la zampa” in maniera insistente, si pone sopra a qualcuno che è sdraiato per terra o che cammina carponi – bambini – …) e la persona risponde in maniera inadeguata;
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la persona adotta un atteggiamento di dominanza o forza il cane ad assumere una posizione di sottomissione; lo punisce con la voce o con un gesto brusco, lo fissa negli occhi o lo circonda con le braccia per sottometterlo con il corpo, lo costringe a farsi spazzolare, mette o toglie il guinzaglio, insiste nell’aprire la bocca del cane o nel toccargli i denti.
Tutti questi fattori, scatenanti un comportamento aggressivo possono essere raggruppati in tre categorie: le situazioni di competizione (di passaggio, in rapporto con il cibo, di possesso di un oggetto); gli atteggiamenti di dominanza inadeguati, adottati da una persona nei confronti del cane; la risposta inadeguata di una persona ad un atteggiamento di dominanza adottato dal cane. Purtroppo nella maggior parte dei casi, i proprietari ed i loro familiari non si rendono conto di aver messo loro stessi il cane nella condizione di comportarsi in maniera aggressiva e qualificano tale comportamento come inspiegabile.
Moltissime persone ritengono che il comportamento aggressivo in generale e l’aggressione di dominanza in particolare siano legati a determinate razze, vale a dire a particolari fattori ereditari. A tale proposito non mancano certamente gli aneddoti (ieri Pastori tedeschi e Dobermann, oggi Rotweiler e Pitt Bulls). Va tuttavia precisato che non esiste alcuno studio in materia e che alcuni eccessi possono essere possibili in tutte le razze e che l’aggressività, all’interno di una medesima razza, varia fortemente da un Paese all’altro e da un’epoca all’altra. In Canada, ad esempio, i Golden Retrievers e gli Springers Spaniels sono classificati come cani appartenenti a razze aggressive. In Europa non hanno certo tale reputazione.
Personalmente ritengo che il comportamento aggressivo di predominio manifestato da molti cani di razza è legato soprattutto alla scarsa attitudine dei loro proprietari. Animali che vivono fisicamente troppo a contatto con l’uomo, che dormono nello stesso letto, status quasi umano conferito all’animale, educazione basata su una permissività “ragionata” piuttosto che su una disciplina imposta, mancanza d’informazioni sul modo in cui il cane interpreta gli atteggiamenti umani, influenza di certi ecologisti e protezionisti: sono queste le cause che rendono frequente e preoccupante il comportamento aggressivo del cane.
La prevenzione
E’ pur vero che la prevenzione del comportamento aggressivo di dominanza si basa sulla scelta di soggetti non dominanti, quindi facili da sottomettere, in funzione del sesso, della taglia, della razza e dei risultati dei tests, ma, almeno dal mio punto di vista, l’intervento di prevenzione più efficace rispecchia quello già espresso in premessa e consiste nell’instaurare, senza costrizioni, un rapporto di dominanza nei confronti del cucciolo fin dal momento del suo acquisto. Un altro elemento importante da tenere presente è connesso alla capacità di dare una risposta corretta a qualsiasi manifestazione di dominanza del cane. E’ molto probabile che una manifestazione di questo tipo venga notata tra i quattro cinque mesi ed il periodo della pubertà. E’ altrettanto importante che il cucciolo che vive in casa mangi quando tutti gli altri hanno terminato e sia abituato a non ricevere bocconi dai commensali. Inoltre è il proprietario che deve decidere quando è il momento di giocare e quando invece il cucciolo deve rimanere nel posto dove abitualmente riposa (che in generale non dovrebbe mai essere la camera da letto). Un’ultima raccomandazione: è giusto che il cane venga circondato da grande affetto, ma senza esagerare, soprattutto con le carezze. Più di tutto è però importante insegnare al proprio cane ad obbedire, vale la pena quindi che il cucciolo, non appena terminato il ciclo vaccinale, venga portato in un campo di lavoro, dove, divertendosi, imparerà ad obbedire al proprio padrone.
Il trattamento
Il trattamento ha come scopo quello di invertire il rapporto dominante/dominato. Il ricorso alla forza è controindicato e molto pericoloso. La terapia comportamentale mirata, in ordine cronologico e d’importanza, è la seguente:
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evitare i morsi;
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non adottare, prima del trattamento, alcun atteggiamento che possa indurre nel cane manifestazioni di aggressività;
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riportare il cane dalla posizione di dominante a quella di gerarchicamente sottoposto.
Occorre innanzitutto individuare tutte le situazioni e tutti i comportamenti che possono provocare un comportamento aggressivo o un morso ed evitarli poiché ogni comportamento aggressivo del cane provocherebbe di conseguenza una ulteriore conferma della posizione di sottoposto del padrone. E’ preferibile che tale ricerca preliminare venga fatta per iscritto e per verificare meglio i rischi. Le abitudini alimentari e al riposo, l’attività e il gioco del cane devono essere modificate. Soltanto la persona che è stata oggetto di un comportamento aggressivo si deve occupare del cane. Tale persona dovrà di fatto diventare per il cane “l’unica risorsa” di cibo, di gioco, di socialità, di carezze, di passeggiate …
Il cane dovrà dipendere esclusivamente da questa. In seguito questa persona dovrà cominciare, ove fosse necessario anche con l’aiuto di un esperto, ad insegnare al cane a dare risposte di sottomissione eseguendo ordini elementari come “siedi”, “piede”. Solo più tardi si potrà procedere a insegnare al cane ad assumere la posizione di “terra” e molto più avanti quella supina. Le condizioni di sottomissione dovranno essere assunte dal cane al momento in cui esso esprime delle necessità, per esempio prima che mangi, quando deve uscire per sporcare, quando vuole uscire per fare una passeggiata o quando desidera una carezza. Ogni risposta corretta deve essere premiata con una leccornia particolarmente gradita. In altri termini il cane ottiene ciò che ha chiesto soltanto alcune volte, non sempre. Per ottenere ciò che desidera, il cane deve sempre fare qualche cosa per “ripagare” la persona che lo accudisce: niente potrà essere più ottenuto gratuitamente. La persona deve sempre assumere l’iniziativa ed il controllo del cane in maniera da riguadagnare indirettamente la posizione dominante. Così facendo si vedrà che il cane assume sempre più frequentemente la posizione di sottomesso. La rieducazione del cane deve avvenire però in maniera che tutto venga fatto come per gioco. In casi particolarmente difficili la maniera più efficace per far comprendere al cane la sua posizione di dipendenza è quella di ridurre l’apporto alimentare ed anche la sua libertà, a poco a poco, per un certo periodo di tempo. Il cane potrà per esempio essere tenuto al guinzaglio in casa e gli potrà essere limitato l’accesso a uno o due locali. Quando il cane avrà cominciato ad obbedire agli ordini in maniera convincente e tale da non lasciare dubbi, si potrà provare ad indurre delle risposte di sottomissione ricreando le situazioni che in precedenza avevano scatenato comportamenti aggressivi. Si avrà così la certezza che il rapporto dominante/dominato è stato ristabilito, nella gerarchia voluta, in maniera sottile e senza alcuna violenza, né fisica né psichica. L’addestramento infatti dovrebbe far parte della normale educazione che va impartita ad un cane che vive in famiglia. Il rapporto gerarchico corretto potrà certamente essere rinforzato dall’abitudine alla frequenza di un campo di addestramento dove il cane apprenderà una serie di esercizi più complessi che serviranno a migliorare il suo rapporto con il proprietario ma, soprattutto, il proprietario medesimo imparerà a conoscere meglio il proprio cane.
L’aggressione da paura
L’aggressione provocata dalla paura riconosce come condizione scatenante l’avvicinarsi di qualsiasi persona, proprietario e familiari compresi, al cane in maniera inusuale o tale da togliere ogni possibile via di fuga. A tale tipo di aggressione sono particolarmente predisposti tutti i soggetti insicuri, con soglia di reazione bassa, quelli particolarmente nervosi , quelli paurosi ed i portatori di tare psichiche. L’aggressione provocata dalla paura può però essere scatenata anche in soggetti di buon equilibrio dall’avvicinarsi di persone sconosciute o di persone che possono apparire al cane come anormali. Il cane domestico infatti sa, per averlo imparato, e riconosce come normale una persona che si comporta in maniera comune. Si allarma invece, ha paura, e per questo potrebbe aggredire, alla vista di un tossicomane, di un ubriaco, di una persona vestita in maniera strana ed anche, per la verità, all’avvicinarsi di portatore di handicap o di un bambino, se il cane non è stato mai abituato a frequentare altri che adulti fisicamente e psichicamente normali. Il problema della diffidenza verso i bambini è molto serio, per questo è meglio oltre al “siedi” e al “terra” far conoscere al cucciolo dei bambini e permettergli di giocare con loro, non prima di avere spiegato ai bambini che il cucciolo non è un giocattolo.
di Pierluigi Pezzano
Fonte e ringraziamenti: http://www.ildobermann.it/
Bibliografia
Konrad Lorenz – Sul comportamento degli animali e dell’uomo – Sull’aggressività
Victoria Voith e Peter Borchelt – Veterinary Clinics of North America – Small Animals practis – Animal Behaviour – WB Sounders, 1982
Benjamin Hart – The Behaviour of Domestic Animals – W. H. Freeman &Co., 1985
Bruce Fogle – La mente dei cani – Geo,1991
Ferdinand Brunner – Come capire il cane e farsi capire da lui – Longanesi &C., 1989
Barbara Bricci e Franca Cioffari – Il dobermann – De Vecchi, 1996